IERI LE ESEQUIE DI CARLO FALASCHI

 In KEMAS LAMIPEL SANTA CROCE

Si sono svolte ieri le esequie di Carlo Falaschi. Al rito funebre, concelebrato da don Romano Maltinti e don Luciano Niccolai, ha partecipato tanta gente, che si è stretta intorno ai familiari per l’ultimo saluto al loro caro.
Nutrita la rappresentanza dei “Lupi”, di ieri e di oggi, qualcuno addirittura di sempre, che ha preso posto nella navata laterale sinistra, vicino alla sacrestia.
C’erano, praticamente 55 anni di storia, coi “Lupi” della prim’ora come Sergio Balsotti, Sergio Gronchi, Piero Conservi, Giuliano Novelli, Massimo Giani, Giovanni Vivaldi, Sandro Comparini, Fausto Pinori, Massimo Melai, Edoardo Dami ed i compagni di squadra di Carlo, quali Paolo Guiannoni e Mario Branzi.
Presenti pure: Marco Lepri, Sergio Rosati, Curzio Guidi, Luciano Benvenuti, Urbino Taddei, Alberto Lami, Riccardo Nuti e Andrea Branzi.
La prima squadra era rappresentata da Alessandro Pagliai e Matteo Morando oltre che dai giocatori Alberto Elia, Filippo Ciulli, Vincenzo Tamburo e Davide Benaglia.
Notati pure l’allenatore Michele Totire, il dirigente ed ex giocatore Luca Ciulli ed altri ex giocatori quali: Marco Gozzini, Leonardo Pro, Antonio Martini, Agostino Pantani, Alessandro Pieragnoli, Paolo Gozzi e Paolo Emilio Baldaccini.
Poco prima della conclusione del rito, don Luciano Niccolai ha ricordato la figura di Carlo Falaschi, preceduto dal presidente biancorosso Sergio Balsotti che ha letto questo parole:
“Intanto, pensando di interpretare il pensiero dei familiari, desidero ringraziare tutti i presenti. In un giorno triste, vedere così tanta gente, oltre che significativo, è pur sempre una piccola consolazione. Grazie anche ai familiari che mi hanno consentito di dire qualche parola per ricordare Carlo.
Per me, per Carlo, per molti di noi qui presenti, dopo la famiglia ed il lavoro, i Lupi hanno rappresentato una parte importante della nostra vita.
Con Carlo c’erano tre anni di differenza e, 55 anni fa, rappresentavano una barriera; si tendeva infatti a stare con i coetanei. Ma da noi c’erano più grandi come Sergio Gronchi, Auro Giuntoli, Giuliano Novelli e più piccoli come Carlo, Marco Gozzini, Alessandro Cavallini, Giovanni Vivaldi, Alberto Pinori ed adolescenti come Marco Lepri.
Ma era una grande famiglia dove, oltre che per l’età, non facevamo distinzioni ne’ di carattere sociale od economico. Questo era il contesto.
Eravamo insieme per un’avventura, i Lupi, che poi, col tempo, credo, sarebbero diventati una importante istituzione cittadina.
Carlo, come ha scritto Marco sul sito dei Lupi, è stato uno dei primi. Primo capitano, palleggiatore atipico per quei tempi, era un colosso rispetto agli altri.
Per la pallavolo di allora era pure bravo.
Per vedere quanto si divertisse basta sfogliare le prime pagine di quel libro che realizzammo con Marco quattro anni fa, dove compare spesso.
E’ sempre sorridente e trasudava entusiasmo, quello che allora ci contagiò tutti.
Giocavamo inizialmente all’aperto, sullo sterrato del campino, prima di accedere alla palestrina della scuola media Banti.
In un articoletto della Nazione, credo del 1965, sono in formazione con lui a San Miniato e ricordo finimmo la partita sotto la pioggia. Preistoria.
Con lui abbiamo riempito le nostre macchine per andare il sabato sera a Firenze per vedere giocare la Ruini della serie A, per imparare, per migliorarci.
Quando, per un infortunio, ha smesso di giocare, è stato a lungo dirigente.
In Consiglio, per Carlo, il colore grigio non esisteva; o bianco o nero, ed era svelto e pragmatico nelle decisioni.
Dopo, con la sua passione, ha contagiato i figli, prima Massimiliano, poi Marco.
Ci eravamo un po’ persi; ci vedevamo negli ultimi anni per una cena in settembre nella canonica di Don Luciano, il nostro padre sportivo e spirituale, oltre che fondatore.
Gli chiedevo del figliolo che ancora gioca e poi ovviamente si parlava di pallavolo.
Recentemente mi confessò che più che per l’aspetto sportivo, era orgoglioso dei figlioli per come erano bravi ragazzi.
Lo scorso settembre nessuno mi ha chiamato per la consueta cena; forse, chi di solito organizzava, Sergio Gronchi e Alberto Pinori, con una specie di tacito accordo, avranno pensato che non sarebbe stato corretto farla mentre Carlino non stava bene.
Ci siamo sentiti con Carlo in giugno, credo. Lo chiamai per sapere se avrebbe confermato il suo contributo annuale per la Società.
“Ma vòi scherzà”, fu la risposta.
Ricordo, e me ne vergogno un po’, che non gli chiesi “come stai” per non fargli dire una bugia se mi avesse risposto “bene”, oppure, o anche, per non metterlo in imbarazzo dovendomi poi raccontare i suoi problemi di salute, le cure.
Ho finito.
Probabilmente ho detto qualcosa di superfluo oppure ho omesso cose più importanti, ma tant’è, così mi è venuto di ricordarlo.
Ufficialmente, a nome della Società che rappresento, esprimo alla famiglia le nostre più sentite e commosse condoglianze.
In maniera meno formale, alla moglie, ai figli, al fratello, dedico un forte abbraccio da parte di tutti.
Era un bravo ragazzo. Noi non lo dimenticheremo. Ciao Carlo”.
Vorremmo aggiungere: buon viaggio, vecchio “lupo” biancorosso.

Marco Lepri – Ufficio stampa “Lupi” Santa Croce

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